Elio Petri, morto il 10 Novembre del 1982, è stato un regista e sceneggiatore, probabilmente uno dei più importanti del Novecento, autore di diverse opere di denuncia sociale nelle quali evidenziava il rapporto dell’uomo con l’autorità.
La biografia
Nato nel 1929 a Roma, in una famiglia di artigiani, Elio Petri abbracciò sin da adolescente gli ideali della sinistra iscrivendosi alla Federazione Giovanile del Partito Comunista.
Sin da giovanissimo mostrò una profonda passione per il giornalismo e per il cinema: nel 1949 cominciò a scrivere infatti come critico cinematografico su L’Unità e Gioventù Nuova.
Grazie a un amico che gli presentò il regista Giuseppe De Santis, si avvicinò al cinema e iniziò a lavorare con lui per il film Roma ore 11 (nel 1951).
Successivamente, scrisse soggetti e sceneggiature per diversi autori (Giuseppe Amato e Carlo Lizzani sono due esempi), e in contemppranea cominciò a cimentarsi nella regia attraverso due corti: Nasce un campione (1954) e I sette contadini (1957).
L’esordio
Il suo primo lungometraggio è stato L’assassino (1961), ed è stato probabilmente il suo film di esordio come regista. In questo suo lavoro si potevano già notare i temi fondamentali del suo cinema: la nevrosi e il potere, che vengono concretizzati ancora meglio nella cosiddetta “trilogia della nevrosi”, costituita da Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto (1970), La classe operaia va in paradiso (1971) e La proprietà non è più un furto (1973).
Tra i suoi film di successo troviamo anche A ciascuno il suo (1967) e Todo modo (1976), entrambi ispirati agli omonimi romanzi di Leonardo Sciascia.
Le vie del Cinema ha proiettato, nel corso delle edizioni, i film A ciascuno il suo per la decima e la ventisettesima edizione, restaurato dal Museo Nazionale del Cinema di Torino e presentato dai commedianti Marco Mazzocca e Max Paiella e dal docente alla Sapienza Università di Roma Giulio Ferroni, La classe operaia va in paradiso per la 15esima edizione e La proprietà non è più un furto per la ventesima edizione, entrambi restaurati dalla Cineteca Nazionale e presentati rispettivamente dai registi Vincenzo Marra e Giuliano Montaldo.